giovedì 9 gennaio 2014

TSVOMPT

No, non ho dato una capocciata alla tastiera e non sto nemmeno citando una canzone degli Elii. Se avete prestato attenzione alle lezioni di inglese durante le superiori avrete forse sentito il professore usare questa “parola”. Si tratta di una sigla (anche se è più corretto chiamarla “inizialismo”) che viene usata come mnemonico nell'insegnamento dell'inglese per memorizzare la struttura della frase.

Time – Subject – Verb – Object – Mode – Place – Time
ovvero
Tempo – Soggetto – Verbo – Oggetto – Modo – Luogo – Tempo

TSVOMPT è in realtà una “estensione” della sigla SVO, Soggetto-Verbo-Oggetto, adattata alla lingua inglese. In tipologia linguistica SVO sta ad indicare una lingua in cui la costruzione della frase semplice segue nella maggior parte delle volte l'ordine Soggetto-Verbo-Oggetto (e in seguito vedremo perché è il più delle volte e non sempre).
Nelle lingue del mondo sono attestati tutti e sei gli ordini possibili, con questa distribuzione (secondo Tomlin, 1986):
  1. Lingue SOV (44,78%);
  2. Lingue SVO (41,79%);
  3. Lingue VSO (9,2%);
  4. Lingue VOS (2,99%);
  5. Lingue OVS (1,24%);
  6. Lingue OSV (<1 p="">

Da sole, le lingue SOV ed SVO costituiscono l'85% delle lingue parlate nel mondo. È però vero che altre ricerche (Mallinson & Blake, 1981) sono pervenute a risultati lievemente diversi, dal momento che Mallinson e Blake hanno usato un criterio di classificazione differente da quello di Tomlin. In particolare, l'11% delle lingue considerate veniva etichettata come “non classificato” e il 7% come “altro” (vedere qui per approfondimenti).

Ovviamente, in diacronia (ovvero nel corso del tempo) le lingue possono cambiare l'ordine delle parole “standard”: è questo il caso che si è verificato nel passaggio dal latino al toscano (e dunque, a partire dal Cinquecento, all'italiano). Il latino, infatti, pur consentendo qualsiasi ordine delle parole, utilizzava estensivamente l'ordine SOV, che si è conservato fino ai giorni nostri nel siciliano, ma non in italiano (Marazzini, 2010). Vi siete mai chiesti perché nei romanzi (e anche nei film) del Commissario Montalbano, il protagonista si presenta dicendo “Montalbano sono”. Ecco, ora lo sapete. Se però il siciliano è più conservativo rispetto alla sintassi latina, lo stesso non si può dire, ad esempio, del suo sistema fonologico: il vocalismo in sillaba atona a tre fonemi (a, i, u) potrebbe essersi originato dalla sovrapposizione dell'isoglossa dell'arabo a quella del siciliano.
Anche l'italiano, però, in alcuni casi può fare a meno dell'ordine SVO, in particolare quando c'è il bisogno di mettere in risalto un componente che non sia il soggetto, la cosiddetta “sintassi marcata”.(Bonomi, in Bonomi, Masini, et al., 2010). È il caso delle dislocazioni a sinistra e a destra. La prima si ha quando un elemento che dovrebbe trovarsi in fondo alla frase (il tema), in particolare un complemento oggetto, ma anche un complemento indiretto, un partitivo o un'intera proposizione, viene posizionato all'inizio.

Esempi:
(1) Nessuno parla più l'italiano. → L'italiano non lo parla più nessuno.
(2) Non ho problemi. → Problemi non ne ho.

Tale tipo di dislocazione serve a porre maggior enfasi sull'oggetto della frase, piuttosto che sul suo soggetto.

La dislocazione a destra, invece, avviene quando il soggetto viene spostato in fondo alla frase e in posizione iniziale viene inserito un pronome cataforico (che si riferisce cioè a qualcosa posizionata in seguito.

Esempio:
(3) (Tu) hai i biglietti, vero? → Li hai tu i biglietti, vero?


La dislocazione a destra consente di porre maggior enfasi sul verbo.

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